lunedì 16 aprile 2012

TESI 2009/2010: Luca Barbieri e Chiara Bigatin


IL RACCONTO

Diario di bordo della squadra Colombo JO5VS
7 Ottobre 2010 - 23.00 ora Terrestre

Dopo vari giorni di esplorazioni, oltre il buio, tra le macerie, finalmente l’abbiamo trovato.
Ogni descrizione parrebbe superflua al confronto con la realtà.
Non potete capire quali sensazioni ho provato appena mi è apparso davanti: dopo un iniziale sconcerto il mio stato d’animo rapidamente cambiò per lasciar spazio alla pura e febbrile curiosità.
Ai nostri radar e perfino ai nostri satelliti esso è invisibile. Non sappiamo da dove provenga, potrebbe essere alieno o potrebbe esserci dall’alba dei tempi.
Lo descrivo usando il maschile, anche se non sono sicuro se è il pronome più appropriato: è un pianeta? Un nuovo ecosistema? Una città?
Non ho ancora risposte a questi quesiti, perché non siamo ancora riusciti a penetrare al suo interno ed è questo il nostro nuovo obiettivo.






Osservandolo da vicino, notando le sue dimensioni più contenute, più che un pianeta potrebbe essere una città. Sembra viva, al suo interno sembra pulsare come un organo.
Esternamente è composta da due parti, l’una sviluppata e dipendente dall’altra: un nucleo centrale pulsante e una specie di esoscheletro che lo avvolge e lo sorregge.
La struttura esterna mi ricorda quasi un cintopelvico umano. E’ affascinante come questa struttura aliena assomigli ad un apparato del nostro organismo: per darvi un’idea è come se ci fossero delle anche con al loro interno un utero, delle viscere contenenti della vita.
Sulle pareti del nucleo si intravedono miriadi di increspature, simili a nervature, come se fossero una membrana cellulare, una tensostruttura.
Inoltre, scrutandola più attentamente, questa membrana si espande anche sullo scheletro, come se durante il tempo l’avesse infettato ed occupato.
Successivamente circumnavigandola siamo riusciti ad intravedere movimento al suo interno.
E’ abitata! L’attività è frenetica...

IL PROGETTO




La modernità fluida, che oggi viviamo, ha travolto ogni singolo gesto quotidiano diventando sfuggente e approssimativo.

Si esauriscono i rapporti sociali diretti dirottati verso un’approssimazione precaria.
Da queste premesse parte l’idea di uno spazio abitativo che decide di offrire spazi di condivisione, dominati dalla logica dello scambio e del contatto tra i diversi abitanti.
Aumenteranno le occasioni di incontro che, apparentemente casuali, sono progettate in partenza attraverso l’idea di un sistema di filamenti strutturali diffusi all’interno dello spazio, che accompagnano ed avvolgono l’uomo nei ritmi e nei rapporti nella vita quotidiana.
Inaspettatamente ci si troverà a condividere una situazione anche in quelli che normalmente vengono definiti luoghi di disimpegno e che qui vestiranno i panni di possibili aree collettive.
Secondo questo principio di fluidità e continuità spaziale si evitano all’abitante sbalzi dovuti al cambiamento da un ambiente all’altro, avvolgendolo e facendolo diventare metaforicamente un tutt’uno con la propria abitazione.
L’uomo imparerà a sentire suo lo spazio, a sentirsi protetto e coinvolto emotivamente oltre che a dare maggiore importanza alla condivisione della propria vita e delle proprie esperienze con gli altri coinquilini.
Lo spazio è pensato per un’utenza nomade, girovaga, apparentemente senza fissa dimora ma che necessita solo di un appoggio mometaneo o un luogo di riferimento nel proseguimento del proprio viaggio e che ama condividere le proprie esperienze di vita con altri individui.





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